“Sto per diventare pazza…” Un caso di Attacco di Panico e Agorafobia

Nel novembre del 2013 ricevo una chiamata da un amica di famiglia, la quale mi informa che la figlia S., di 18 anni, da qualche settimana sta male, ha degli attacchi d’ansia e questo limita la sua vita, ha difficoltà ad andare a scuola ed a uscire con le amiche, trascorrendo la maggior parte del suo tempo in camera.

Si presenta al primo appuntamento accompagnata dalla madre, è una ragazza carina, di statura e peso medio. L’aspetto è curato. Mi riferisce subito di essere molto preoccupata per quello che le sta succedendo. “È la prima volta che parlo con una psicologa”, mi dice, ed inizia il suo racconto. Mi riferisce che un pomeriggio improvvisamente ha sentito batterle il cuore così forte che ha pensato che le stesse per venire un infarto; da lì la corsa in Ospedale. I sintomi che ha avvertito quando si è manifestato il disturbo sono stati: tachicardia, tremori alle mani e alle gambe, fiato corto, sudorazione, vertigini, paura di morire. Da quell’evento, la vita di S. cambiò radicalmente… S. riferiva: “mi dissero che era stata una semplice crisi d’ansia maero preoccupata, avevo paura che quell’evento potesse ripresentarsi di nuovo, così non sono andata a scuola per più di una settimana”. Con difficoltà mi riferisce anche che in quella stessa giornata distesa sul divano ha come percepito un distacco della mente dal proprio corpo, come se la sua mente per qualche secondo si fosse staccata dal suo corpo osservandola dall’alto. Al ricordo di quell’episodio, scoppia in lacrime dicendomi: “Mi aiuti… sto per diventare pazza”.

Dall’analisi di quanto riportato da S. nei colloqui e dai risultati ottenuti con l’ausilio di alcuni test diagnostici fu possibile fare diagnosi di Disturbo di Panico e Agorafobia.

Il disturbo di panico ha fatto sì che S. sviluppasse delle preoccupazioni relative alla eventuale presenza di una malattia non diagnosticata, pericolosa per la vita; si era sviluppata la paura di essere valutata negativamente dagli altri a causa dei sintomi del panico, aveva paura di “impazzire” e di perdere il controllo. Tali sintomi l’hanno portata a mettere in atto degli “evitamenti” al fine di sottrarsi a ulteriori attacchi o alle loro conseguenze. L’Agorafobia, iniziò a manifestarsi attraverso la paura di uscire di casa da sola, trovarsi tra la folla o in spazi chiusi, come al cinema, nei pub o lo stare in classe; questo ha costretto S. in casa e ad essere dipendente dalla madre anche nel provvedere alle proprie necessità.

È stato concordato con S. l’inizio di un percorso psicoterapeutico, i cui incontri sarebbero avvenuti con cadenza settimanale.

Sulla base del modello teorico del “Circolo vizioso di Clark” sono stati definiti obiettivi ed è stato impostato un piano Psicoterapeutico, utilizzando la Terapia Cognitivo –  Comportamentale. Secondo tale modellogli attacchi di panico sarebbero il risultato di “catastrofiche interpretazioni” di eventi fisici e mentali erroneamente considerati segni di un imminente disastro, come ad esempio avere un attacco cardiaco o diventare pazzo.

Obiettivi della terapia sono stati: ridurre lo stress; ristabilire un senso di sicurezza, riducendo la sensibilità alle sensazioni fisiche (tachicardia, tremore, respiro corto, ecc.) o mentali (paura di impazzire, di morire, di perdere il controllo) mediante l’utilizzo di tecniche di rilassamento; modificare le interpretazioni catastrofiche errate e gli schemi di minaccia, paura e pericolo sottostanti agli stati fisici o mentali; rivalutare gli eventi secondo una visione più realistica dei sintomi che procurano angoscia; eliminare gli evitamenti che contribuivano a mantenere il disturbo. Strumenti utilizzati al raggiungimento degli obiettivi: la psicoeducazione, le tecniche comportamentali, la ristrutturazione cognitiva, l’esposizione in immaginazione e in vivo.

L’apprendimento di come valutare le sue sensazioni fisiche, il prendere consapevolezza delle distorsioni cognitive messe in atto e la tecnica della ristrutturazione cognitiva, sono stati di fondamentale importanza per S. Ci sono diversi modi di vedere e pensare la realtà, quello di S. era un modo distorto che le procurava malessere, e pertanto si rendeva necessario un cambio di prospettiva. S., raggiunse nell’arco di pochi mesi risultati soddisfacenti: un  notevole livello di autonomia, tornando a scuola e riprendendo gli studi; il prendere consapevolezza dei meccanismi sottostanti il disturbo ha stimolato il processo di cambiamento; i successi ottenuti erano per lei motivo di impegno nel dimostrare  a tutti, in primis a se stessa che non era più la persona incapace che pensava di essere.

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